È stata un’altra settimana in rosso per i mercati azionari. La maggior parte degli indici è scesa sotto i minimi di giugno, scambiando a livelli visti l’ultima volta nel novembre 2020. Solo il settore “enegy” ha chiuso la settimana in positivo.
Grafico: andamento settori negli ultimi 7 giorni
I punti principali della settimana:
- Gli investitori sono ormai ribassisti sull’economia britannica.
- Non solo brutte notizie sui mercati azionari.
- Porsche al massimo della forchetta valutativa.
1. Gli investitori sono ormai ribassisti sull’economia britannica.
La scorsa settimana l’economia del Regno Unito è stata messa a dura prova dal rifiuto da parte dei mercati del piano crescita del nuovo governo, mentre l’inflazione rimane ai massimi degli ultimi 40 anni. La mancanza di fiducia degli investitori si è riflessa sulla valuta, sui rendimenti obbligazionari e sulle valutazioni di mercato. La sterlina britannica (£) ha toccato un nuovo minimo storico di 1,035 dollari, i rendimenti obbligazionari sono saliti al 4,5% (dal 3,25% della scorsa settimana) e il mercato britannico è sceso di oltre il 3,5% negli ultimi 7 giorni.
Il crollo dei mercati britannici è iniziato dopo che il nuovo Cancelliere, Kwasi Kwarteng, ha annunciato i maggiori tagli alle tasse degli ultimi 50 anni, insieme a piani per aumentare la spesa pubblica e i prestiti.
Grafico: andamento cambio GBP/USD
Questi tagli fiscali di 45 miliardi di sterline non saranno gratuiti, e gli investitori lo sanno. Il governo dovrà contrarre prestiti per colmare la differenza, il che aumenterà il deficit di bilancio, già previsto per quest’anno a circa 128 miliardi di sterline, pari al 5,4% del PIL. Se a ciò si aggiunge un deficit commerciale di circa 9 miliardi di sterline al mese, si ottiene un deficit uguale alla crescita, che di solito porta a un indebolimento della valuta.
La situazione in Gran Bretagna è complicata: da un lato c’è la Banca d’Inghilterra che aumenta i tassi per ridurre l’inflazione (politica monetaria), dall’altro il governo che taglia le tasse e aumenta i prestiti per stimolare la crescita (politica fiscale). Due misure completamente contraddittorie da parte di due organismi diversi. Le azioni di politica fiscale del governo potrebbero in ultima analisi portare a un aumento dell’inflazione. L’indebolimento della valuta dovuto ai tagli fiscali significa che le importazioni costeranno di più, portando a un aumento dell’inflazione. Allo stesso tempo, l’aumento dei tassi di interesse fa sì che il governo paghi di più per contrarre prestiti, così come i consumatori e le imprese.
Liz Truss e Kwasi Kwarteng sembrano scommettere che il loro piano stimolerà la crescita attraverso gli investimenti più che attraverso la spesa dei consumatori. Forse sperano che questo ripristini la fiducia nel potenziale a lungo termine dell’economia britannica e porti a investimenti con un orizzonte temporale più lungo. Se il piano dovesse andare a buon fine, si potrebbe creare un circolo virtuoso in cui il denaro affluisce nell’economia a caccia di potenziale di crescita, portando così a una ripresa della valuta.
Grafico: performance del mercato UK e dei settori sottostanti
La Banca d’Inghilterra (BoE) ha risposto prontamente alla crisi annunciando che avrebbe acquistato 65 miliardi di sterline di obbligazioni sul mercato. Con l’acquisto di obbligazioni la banca spera di porre un tetto ai rendimenti obbligazionari, fornire liquidità al sistema finanziario e ripristinare la fiducia. La BoE avrebbe dovuto iniziare un programma di quantitative tightening vendendo le obbligazioni precedentemente acquistate. Ora è stata costretta a fare un’inversione di rotta e ad avviare un altro programma di quantitative easing.
Il grafico sottostante mostra come i rendimenti dei titoli di Stato decennali del Regno Unito siano saliti dal 3,25% al 4,5% (con un aumento dell’1,25%) dopo l’annuncio del piano del Cancelliere il 23 settembre, per poi scendere nuovamente al 4% non appena la BoE ha annunciato l’acquisto di obbligazioni appena tre giorni dopo.
Grafico: rendimenti delle obbligazioni a 10 anni del Regno Unito nell’ultimo mese
Se osserviamo il mercato UK contro quello Francese (Euronext) possiamo vedere come negli anni la capitalizzazione si sia ridotta sia per il numero di società ma anche per il valore espresso dalle stesse. Dal punto di vista dell’equity, Londra ha una posizione sempre più fragile nel panorama europeo delle quotazioni in Borsa. Secondo i dati compilati da Bloomberg, quest’anno nel Regno Unito sono stati raccolti appena 1,38 miliardi di dollari attraverso IPO, pari al 14% del totale europeo, la quota più bassa in oltre un decennio.
Grafico: variazione della capitalizzazione del mercato UK e Francese
Grafico: nuove IPO a confronto in UK e resto Europa
L’esito del piano di crescita in UK dipenderà molto anche da ciò che accadrà al di fuori del Paese. Se l’inflazione globale diminuisce e l’economia mondiale subisce una ripresa, il piano potrebbe funzionare. Ma una recessione mondiale o un’inflazione persistente, potrebbero portare a una stagflazione e a una recessione più profonda in UK.
Se l’economia globale dovesse presto invertire la rotta, il Regno Unito potrebbe essere meglio posizionato come target di investimento.
Per gli investitori a lungo termine (5+ anni): è troppo presto per sapere se il piano di crescita funzionerà o meno. Ma se dovesse funzionare, le azioni che hanno subito i maggiori ribassi potrebbero cambiare rotta. Forse non è il momento di agire, ma è un buon momento per cercare di capire quali aziende potranno trarre vantaggio se il piano attirerà i flussi di investimento che Liz Truss spera ci siano.
2. Non solo brutte notizie sui mercati azionari.
Per evitare di entrare in una spirale depressiva, vogliamo dare spazio alle notizie positive. Siamo pieni di notizie negative, ma se si guarda con attenzione ci sono anche alcune positive.
Gli utili dell’S&P 500 sono a livelli record: mentre le quotazioni azionarie sono vicine ai minimi di due anni, gli utili societari sono in realtà a livelli record. Oggi gli analisti si aspettano un leggero calo dei profitti del terzo trimestre, ma il quarto trimestre dovrebbe registrare un altro record (anche se solo 0,04 punti in più rispetto agli utili record del secondo trimestre). Tuttavia, le previsioni iniziano a scendere man mano che si ricevono nuove informazioni e potrebbero scendere più rapidamente se gli utili del terzo trimestre dovessero deludere gli investitori.
Il sentiment degli investitori è all’estremo ribassista: il 21 settembre, l’AAII Sentiment Survey, un sondaggio che mostra dove gli investitori vedono il mercato nel prossimo futuro, ha registrato che il 60,9% degli intervistati prevede un calo dei mercati azionari nei sei mesi successivi. Lo stesso sondaggio ha registrato che il 17,7% degli intervistati è rialzista e il 21,4% ha una visione neutrale.
Questo sondaggio è condotto dall’American Association of Individual Investors, quindi la maggior parte degli intervistati è costituita da investitori al dettaglio statunitensi. Con il 60,9%, la percentuale di ribassisti è la terza più alta mai registrata dall’inizio del sondaggio nel 1987. È stata più alta solo nell’ottobre 1990 e nel marzo 2009. L’aspetto interessante è che l’indice S&P 500 è salito rispettivamente del 27% e del 52% nei sei mesi successivi a queste occasioni.
Nella maggior parte delle occasioni in cui più del 50% degli intervistati era ribassista, le azioni sono salite nei sei mesi successivi. Questo potrebbe indurvi ad essere successivamente rialzisti, ma c’è un problema. Durante i mercati ribassisti prolungati, le letture ribassiste a volte precedono i rally dei mercati ribassisti piuttosto che un mercato rialzista sostenuto. Ciò è accaduto nel periodo 2000-2003, nel 2008 e nel giugno di quest’anno. Ricordiamo sempre che i fatti storici non sono sufficienti per prendere una decisione di investimento futura e che prevedere i movimenti del mercato è notoriamente difficile in queste fasi.
Immagine: AAII Sentiment Bull-Bear Spread del 30 settembre
Ad avvalorare questo dato c’è anche l’indicatore di Bank of America che segnala fasi di eccesso di mercato e attualmente si trova nella massima posizione di pessimismo ovvero idonea per poter aumentare le proprie esposizioni sul mercato azionario.
Immagine: Indice BofA Bull & Bear
Altro indicatore da osservare è quello creato da Citigroup. Anch’esso ci dice che siamo al massimo del pessimismo pari a quello registrato nel marzo del 2020 in epoca COVID per intenderci.
Immagine: Indicatore Panico/Euforia di Citigroup
A questi livelli, sempre secondo gli studi Citigroup, si ha una probabilità del 95% di ottenere un risultato positivo nei prossimi 12 mesi entrando a mercato su questi livelli. Come sempre nessuno ha la sfera di cristallo ma se ci basiamo solamente sulle probabilità statistiche, il 95% è un buon numero.
Il prezzo del petrolio scende sotto gli 80 dollari: ricordate quando a marzo il petrolio ha toccato brevemente i 120 dollari al barile? Per fortuna da allora è sceso un po’. Il prezzo del greggio è sceso sotto gli 80 dollari, il che fa ben sperare per le prospettive dell’inflazione. Storicamente, la zona tra i 75 e gli 85 dollari è un importante livello psicologico. Al di sopra di questa fascia sono iniziati forti rialzi, mentre al di sotto di essa sono iniziati forti ribassi.
Un calo più consistente del prezzo del petrolio ridurrebbe in modo sostanziale le aspettative di inflazione, anche se probabilmente segnalerebbe anche che gli investitori stanno diventando sempre più ribassisti sull’economia.
È sempre una buona idea tenere d’occhio le notizie positive quando la prospettiva generale è ribassista e quelle negative quando la prospettiva è rialzista. I mercati sono lungimiranti e spesso toccano i minimi prima che il flusso di notizie cambi. In questo caso, abbiamo tre notizie positive, ma tutte sono accompagnate da avvertenze, quindi la chiave è rimanere cauti.
3. Porsche al massimo della forchetta valutativa.
Volkswagen, con le banche consulenti, ha fissato il prezzo di collocamento delle azioni di Porsche a € 82,50. Il prezzo è il massimo della forchetta individuata in precedenza. Questo ha portato la società ad una valutazione di 75 miliardi di euro, rendendola una delle IPO di maggior successo dell’ultimo decennio, pur essendo completata in un momento di grande incertezza per i mercati. Considerate che presenta una valutazione superiore ai 60 miliardi di Mercedes-Benz, ai 48 di Bmw, ai 36 di Ferrari e di poco inferiore alla casa madre Volkswagen che capitalizza circa 88 miliardi di euro.
Con l’esercizio dell’opzione Greenshoe, Volkswagen ha incassato circa 9,4 miliardi di euro. Le azioni sono negoziate sul mercato regolamentato della Borsa di Francoforte (Prime Standard) dal 29 settembre 2022.
Volkswagen ha già comunicato che convocherà un’assemblea generale straordinaria a dicembre 2022, dove proporrà di distribuire all’inizio del 2023 un dividendo speciale pari al 49% del ricavato totale del collocamento e dalla vendita delle azioni ordinarie alla holding Porsche (che non coincide il marchio ora quotato ma è posseduta dalla omonima famiglia).
La prossima settimana:
La prossima settimana è la prima settimana del quarto trimestre (Q4) e venerdì usciranno alcuni dati fondamentali per l’inflazione.
Martedì verrà annunciata la decisione sui tassi di interesse in Australia. Le aspettative sono per un aumento dei tassi dello 0,5%, dopo il recente aumento dello 0,75% da parte della Fed.
Mercoledì saranno pubblicati i dati sulla bilancia commerciale statunitense, mentre venerdì saranno resi noti i dati sull’occupazione negli Stati Uniti. Questi dati comprendono il tasso di disoccupazione, le buste paga non agricole e la retribuzione media oraria, e sono tutti parametri importanti per mostrare se gli aumenti dei tassi di interesse hanno influito sul lavoro.
Mancano solo due settimane agli utili del terzo trimestre. La prossima settimana Constellation Brands ( NYSE: STZ ), Levi Strauss ( NYSE: LEVI ), Tilray Brands ( NASDAQ: TLRY ) sono in testa al gruppo e pubblicheranno i loro utili del terzo trimestre prima degli altri.
Il team Bullstock