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Il mercato statunitense ha registrato buone performance nella seconda metà della settimana, dopo che la Fed ha aumentato i tassi per l’ottava volta da marzo del 2022. L’aumento dello 0,25% era atteso e probabilmente ci saranno altri rialzi dei tassi, ma gli investitori hanno scelto di concentrarsi su commenti particolari come “il processo disinflazionistico è iniziato”. Di conseguenza, quasi tutti i settori (ad eccezione di Utilities ed Energy) hanno performato positivamente.

Grafico: andamento settori negli ultimi 7 giorni

I punti principali della settimana:

  1. Nuovo annuncio della Fed.
  2. Il ritorno della propensione al rischio.
  3. Il settore degli ETF compie 30 anni.
1. Nuovo annuncio della Fed.

La Fed ha annunciato un aumento dei tassi dello 0,25% come da attese, con Jerome Powell che ha lanciato messaggi contrastanti sulla politica monetaria futura, che il mercato ha interpretato in maniera più che positiva, alla luce del rimbalzo dell’SP500 (+1,1%) e del Nasdaq-100 (+2,2%) e il calo del rendimento del Treasury decennale di 11 punti base, a 3,42% di mercoledì.

Ma partiamo dal comunicato; in verde abbiamo evidenziato le modifiche da “colomba” e in giallo quelle da “falco”, rispetto al comunicato del mese scorso.


Innanzitutto, la Fed ha evidenziato che l’inflazione non è più “elevata”, ma “ha piuttosto rallentato pur rimanendo elevata”. Questo fa trasparire una modesta soddisfazione della Banca Centrale USA e di conseguenza trasmette un certo ottimismo agli investitori azionari. In aggiunta sono stati eliminati i riferimenti agli sbilanci tra domanda e offerta e alle pressioni rialziste sull’inflazione indotte dalla guerra in Ucraina. Un ulteriore segnale che la Fed vede il caro prezzi ormai ben instradato su una traiettoria di disinflazione, come lo stesso Powell ha confermato in conferenza stampa. Un altro ottimo segnale per gli investitori.

A fare da contraltare a queste parole, tuttavia, vi è ancora la presenza della frase: “Il Comitato prevede che gli aumenti in corso saranno appropriati…”. Il plurale di “aumenti” suggerisce che la Fed non si fermerà ad un solo aumento dei tassi al prossimo FOMC, come previsto dal mercato, ma dovrebbe effettuarne altri due, portando il range dei tassi al 5-5,25% entro giugno. Elemento confermato anche da Powell in conferenza, in cui ha sottolineato che un paio di ulteriori aumenti sarebbero sufficientemente restrittivi, pur notando che non è da escludere che i tassi possano anche rimanere sotto il 5% (cioè che ci sia un solo aumento a marzo).

Infine, il punto cruciale e determinante nell’interpretazione ottimistica dei mercati sembra essere stato il cambio di espressione da “per determinare la traiettoria dei futuri aumenti dei tassi” in “per determinare la portata dei futuri aumenti dei tassi”. Una sfumatura che si legge come un passaggio da una traiettoria rialzista dei tassi verso un punto di arrivo ad un tasso terminale. Insomma, la Fed sembra quasi aver finito il suo lavoro.

A questo va aggiunto che il Comitato della Banca Centrale USA ha votato all’unanimità per un rialzo di 0,25%. Segno che anche il più “falco” dei membri ha ormai capito che siamo agli sgoccioli e non c’è più margine per spingere al rialzo i tassi sopra un certo livello.

Come evidente dal grafico sottostante, le aspettative del mercato su dove saliranno i tassi sono ben diverse da quanto ha raccontato la Fed: quest’ultima vede un aumento dei tassi dello 0,25% al FOMC di marzo e potenzialmente un altro da 0,25% tra maggio e giugno. Il mercato invece, che fino a dicembre sembrava credere moderatamente a un doppio rialzo, adesso non crede più alla Fed e a malapena vede un solo rialzo il prossimo mese, con la Fed che comincerà a tagliare già i tassi tra settembre e ottobre, o probabilmente prima, se i future sui tassi continueranno a spostarsi verso il basso nei prossimi giorni. Uno scenario che appare oltremodo ottimistico

Grafico: aspettative del mercato sui tassi

È dunque lecito attendersi ancora un proseguimento del rally sui mercati azionari, frutto anche degli “short squeeze” sulle posizioni short dei fondi hedge, che ritengono tutto questo ottimismo ingiustificato e che hanno ammassato la più grande mole di posizioni short sui Treasury del recente passato.

2. Il ritorno della propensione al rischio.

I mercati azionari hanno iniziato l’anno con il botto. L’S&P 500 (+6,3%) ha registrato il miglior rendimento mensile da ottobre e il miglior gennaio dal 2019. La maggior parte dei principali indici è tornata al di sopra delle medie mobili a 200 giorni, che rappresentano un indicatore della presenza di un mercato toro o orso.

In tutto il mondo, i settori e le classi di attività “propensi al rischio” sono aumentati, mentre gli investitori hanno venduto i titoli dei settori difensivi che hanno sovraperformato nel 2022. Anche i settori ciclici hanno registrato una buona performance, mentre i timori di recessione sembrano essersi leggermente attenuati.

Per fare un esempio del cambio di view degli investitori, ARK Innovation ETF (NYSE:ARKK) che detiene titoli “hyper growth”, ha registrato un aumento del 27%, mentre l’indice MSCI Emerging Markets è salito del 9%. Anche le materie prime e l’oro sono stati forti nel corso del mese.

Gli investitori stanno cominciando a guardare India e Cina? Ci sono stati segnali di rotazione tra i mercati. L’India è stata uno dei mercati che ha registrato le peggiori performance a gennaio, mentre il mercato azionario cinese è salito di circa il 7%.

Grafico: performance dei settore indiani in 1 mese

Il mercato azionario indiano è stato uno dei più performanti nel 2022 e, nonostante le vendite di gennaio, è sceso solo del 2,6% negli ultimi 12 mesi. Nel frattempo, gli investitori sembrano scommettere sulla ripresa della Cina (analizzata nella newsletter di settimana scorsa).

Grafico: performance dei settore cinesi in 1 mese

Nell’ultimo mese sono arrivate buone notizie in merito a:

  • I funzionari della Fed hanno espresso ottimismo sulle prospettive dell’inflazione.
  • Il PIL statunitense è cresciuto del 2,9% nell’ultimo trimestre del 2022, un dato leggermente superiore alle previsioni. Anche l’economia cinese ha mostrato timidi segnali di ripresa.
  • I dati sull’occupazione sono stati solidi, nonostante i licenziamenti di importanti aziende tecnologiche e di alcune banche. Altri colossi come Boeing (NYSE: BA) e Chipotle (NYSE: CMG) stanno assumendo.
  • Gli utili finora sono stati deboli, ma non ci sono state sorprese negative.
  • Il mercato immobiliare statunitense si è leggermente ripreso a dicembre, con un aumento delle vendite di case per la prima volta in 14 mesi.
  • Il capo stratega azionario globale di Goldman Sachs ha dichiarato che “i timori di una recessione in Europa si sono affievoliti” con il calo dei prezzi del gas naturale.
Sembra che gli investitori stiano iniziando a credere che un atterraggio morbido sia più probabile e che i tassi di interesse non saliranno ancora per molto. Tuttavia, gli investitori dovrebbero capire che i “segnali” di ripresa sono solo indicazioni di ciò che potrebbe accadere. Prima di poter parlare di ripresa, è necessario che si verifichino diversi trimestri di miglioramenti concreti. Prendiamo ad esempio l’Australia. I precedenti rapporti sul CPI indicavano che l’inflazione stava rallentando, ma gli ultimi dati sull’inflazione sono stati più brillanti del previsto e hanno evidenziato una nuova impennata dell’inflazione.

Sebbene le prospettive siano leggermente migliori rispetto alle previsioni precedenti, questo rally è dovuto anche a ragioni tecniche. Le allocazioni azionarie erano ai minimi storici a dicembre e non sono quindi stati necessari molti acquisti per far muovere il mercato. Ma verso la fine del mese sembra esserci un elemento di FOMO, con titoli molto speculativi che si sono mossi senza un motivo apparente. Di solito i mercati toccano il fondo prima dell’economia. Quindi, anche in caso di lieve recessione, le azioni potrebbero continuare a salire. Se le prospettive continuano a migliorare, gli investitori potrebbero essere felici di guardare oltre.

Tuttavia, ci sono ancora diversi rischi. Alcuni analisti prevedono una seconda ondata di inflazione e l’aumento dell’ottimismo potrebbe rafforzarla. I consumatori sono un po’ tesi, il che potrebbe colpire la spesa e gli utili aziendali. E questo potrebbe portare a una recessione più grave.

È molto probabile che nei prossimi mesi il sentiment oscilli tra il rialzo e il ribasso, a prescindere da come andranno le cose.

3. Il settore degli ETF compie 30 anni.
Il 24 gennaio scorso sono trascorsi 30 anni dal lancio del primo ETF (exchange traded fund) al mondo. SPDR S&P 500 Trust (NYSE: SPY) è stato lanciato nel 1993 e rimane il più grande ETF al mondo (374 miliardi di dollari) e il fondo indicizzato più attivamente negoziato.

Gli ETF offrono agli investitori uno strumento a basso costo per seguire quasi tutti gli indici o per investire in molti “temi” di investimento. Dal momento che la maggior parte dei gestori di fondi comuni di investimento sottoperformano i loro benchmark, non c’è motivo di pagare commissioni più elevate. Dal 1993 gli ETF hanno attirato la maggior parte degli afflussi a scapito dell’industria dei fondi comuni. Questo grafico del 2021 mostra quanto siano cresciute le attività degli ETF statunitensi rispetto a quelle dei fondi comuni di investimento, che sono destinate a superare entro il 2025 circa. Su base globale, questo probabilmente è già avvenuto.

Grafico: attività degli ETF statunitensi rispetto ai fondi comuni di investimento

Il decennio dal 2010 al 2020 è stato l’era dei titoli tecnologici in crescita, e in particolare titoli del calibro di Alphabet (Nasdaq: GOOGL), Apple (Nasdaq: APPL) , Amazon (Nasdaq: AMZN) e Microsoft (Nasdaq: MSFT) hanno registrato performance incredibili. Con la crescita del valore di queste società, il loro peso nell’indice S&P 500 è aumentato e ha contribuito alla forte performance. Anche il peso relativo dell’intero settore tecnologico statunitense e di quello delle comunicazioni è aumentato all’interno dell’indice. Questi due settori rappresentano ora quasi il 35% dell’indice.

Grafico: ripartizione settoriale dell’S&P 500

Come sapete i nostri portafogli modello utilizzano ETF e la settimana scorsa abbiamo inviato una mail con alcuni ETF da attenzionare nel corso dell’anno.

La prossima settimana.

È una settimana tranquilla per i dati economici.

Martedì la Royal Bank of Australia annuncerà la sua decisione sui tassi di interesse. Sempre martedì saranno pubblicati i dati commerciali di Australia, Canada e Stati Uniti.

Venerdì saranno pubblicati il tasso di crescita del PIL del 4° trimestre del Regno Unito e i dati sulla produzione manifatturiera di dicembre.

Continua la stagione degli utili, con la pubblicazione dei dati delle società di diversi settori. Tra le società che presenteranno i loro bilanci vi sono: Pinterest (NYSE: PINS); BP (LSE: BP); Illumina (NYSE: ILMN); UBER (NYSE: UBER); Yum Brands (NYSE: YUM); Disney (NYSE: DIS); Robinhood (Nasdaq: HOOD); AbbVie (NYSE: ABBV); PayPal (Nasdaq: PYPL); Lyft (NYSE: LYFT); Cloudflare (NYSE: NET); Enbridge (NYSE: ENB).

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